Gastrite in terapia sostitutiva per la tiroide

Annalisa ha 56 anni.
Ha sempre goduto di buona salute, fino a quando, quattro anni fa, le è sato diagnosticato un carcinoma alla tiroide.
Per fortuna, dalla diagnosi all’intervento è trascorso poco tempo.
È stato possibile dunque rimuovere chirurgicamente la neoformazione, contenuta interamente nella ghiandola, senza necessità di ulteriori radio o chemioterapie.
Senza la tiroide, e le annesse paratiroidi, Annalisa deve ora assumere una terapia sostitutiva: levotiroxina 125 mcg, 1 cp al mattino; calcitriolo, 0,25mcg 2 volte al giorno; colecalciferolo, 25.000 UI ogni 15 giorni.
Negli ultimi 2 anni la terapia è rimasta sostanzialmente invariata, e la paziente conduce attualmente una vita normale.
A seguito dei laboriosi preparativi per il matrimonio della figlia, avvenuto ormai da un paio di mesi, ha però sviluppato una fastidiosa sensazione di peso epigastrico, associata a difficoltà digestive.
Data la persistenza del quadro clinico, la paziente si reca dal medico di famiglia, che diagnostica una gastrite da stress, e pone la paziente in terapia con pantoprazolo, 20mg al mattino, per almeno 6 mesi.
La paziente appare preoccupata: anche le altre compresse sono da assumere al mattino, e teme interferiscano tra loro. Esprime le proprie perplessità al medico, che la rassicura: ha scelto pantoprazolo, e non un altro inibitore di pompa, proprio perché è la molecola che presenta meno interazioni farmacologiche, inoltre “se può farla stare più tranquilla, prenda pure pantoprazolo alla sera, è sufficiente assumere la compressa sempre allo stesso orario perché faccia effetto”.
La paziente esegue diligentemente le istruzioni. Dopo 3 mesi, ai controlli periodici prescritti dall’endocrinologa, un valore risulta alterato. Cosa è successo?