Le interazioni sono sempre pericolosissime?

Cesare ha 77 anni.
È un ex dirigente d’azienda e abita in una grande città del nord Italia.
È rimasto vedovo all’età di 50 anni e i suoi figli si sono trasferiti all’estero, ma non è comunque rimasto solo. Convive infatti con Cristina, la “vecchia” babysitter dei figli, che ora assume, in un certo senso, anche il ruolo di badante.
Cesare soffre delle patologie tipiche dell’età: ipertrofia prostatica, per cui assume tamsulosina, 0,4mg al giorno; e una lieve ipertensione arteriosa, trattata con amlodipina, 10 mg alla sera.
Circa 6 mesi fa il nostro paziente ha presentato una perdita di coscienza di breve durata.
Portato in PS, gli è stata diagnosticata una fibrillazione atriale parossistica, motivo per cui è stato posto in terapia con rivaroxaban, 20mg dopo pranzo, e pantoprazolo 40mg.
Da quel giorno, nonostante non abbia più avuto attacchi, Cesare viene sorvegliato a vista dalla sua convivente.
Nell’ultima settimana, complice il freddo invernale, il paziente resta “bloccato” a livello cervicale per una fastidiosa contrattura.
Si reca dunque dal medico di famiglia, che prescrive una associazione di paracetamolo 500mg e ibuprofene 150mg, con l’indicazione ad assumerla 2 volte al giorno.
La situazione presenta un iniziale miglioramento, ma dopo due giorni Cristina si presenta nello studio del medico allarmatissima.
Ha letto sul foglietto illustrativo di una pericolosissima interazione e chiede chiarimenti al medico.