L'IA che diagnostica i difetti embrionali

AI e sviluppo embrionaleRilevare e classificare difetti nello sviluppo embrionale direttamente dalle immagini, superando gli esperti umani sia in velocità che in precisione.
È quanto ottenuto dai ricercatori dell'Università di Costanza in Germania che hanno impiegato l’intelligenza artificiale per la valutazione di ampi dataset di immagini.

EmbryoNet, il software di analisi automatica realizzato, non solo identifica e classifica i problemi legati allo sviluppo dell'embrione, ma consente anche ai ricercatori di risalire ai meccanismi specifici alla base di ciascun difetto identificato.
Addestrato con oltre 2 milioni di immagini di embrioni di zebrafish, ovvero il modello animale più comunemente utilizzato negli studi sullo sviluppo e sulla funzione genica, il software può essere utilizzato liberamente e modificato anche per l’impiego su altri animali.

Il risultato raggiunto dai ricercatori tedeschi, pubblicato sulla rivista Nature Methods, consentirà inoltre lo studio dei meccanismi di azione dei farmaci e dei loro effetti sullo sviluppo embrionale.
Negli ultimi anni, l'IA è stata impiegata per riconoscere caratteristiche altamente ripetitive come singole cellule o nuclei ed è stata applicata anche a compiti più complessi come la ricostruzione del sistema vascolare cerebrale completo del topo o la quantificazione in vivo delle metastasi del cancro. Tuttavia l'IA è stata poco utilizzata nella biologia dello sviluppo, ad eccezione della riproduzione assistita mediante fecondazione in vitro, nonostante il significativo peso delle malattie ereditarie e congenite sulla società.
Guidati da Patrick Müller, i ricercatori hanno testato il sistema confrontandolo con esperti umani, tra cui specialisti di biologia dello sviluppo e gruppi di studenti universitari.

I risultati hanno dimostrato che EmbryoNet rileva in modo affidabile vari difetti che possono alterare lo sviluppo embrionale, superando gli esperti umani in termini di velocità e affidabilità.
 
EmbryoNet: using deep learning to link embryonic phenotypes to signaling pathways